A turno frutto proibito, oggetto di discordia o dono divino, la mela attraversa le mitologie europee. Simboleggia la conoscenza, la tentazione, la rigenerazione e la discordia. In questo articolo, Marie Pace, uditrice dell’Istituto Iliade (promozione Charlemagne), passa in rassegna il simbolismo della mela in cinque grandi capitoli della mitologia e della tradizione europea: la Genesi biblica, la leggenda greca della mela della discordia, il mito nordico delle mele di Idunn, l’archetipo celtico dell’Altro Mondo e le leggende romane di Pomona e delle mele d’oro – per mostrare come da semplice alimento quotidiano, frutto comunemente coltivato in tutta Europa, la mela sia diventata progressivamente un simbolo mitologico e religioso della civiltà europea. (1/2)
Il frutto proibito della Genesi: appropriazione culturale del mito biblico da parte degli europei convertiti al cristianesimo
Nella tradizione cristiana, la mela (anche se il testo biblico non la nomina esplicitamente) cristallizza il «peccato originale». Eva e Adamo, sedotti dalla promessa di una saggezza proibita, mangiano il frutto proibito, facendo precipitare l’umanità nella consapevolezza della sua finitezza: la mela incarna quindi il confine tra innocenza e responsabilità, tra ignoranza esente da scelta e nascita della libertà individuale.
Nella Genesi, il «frutto» (fructus mali) cristallizza così il passaggio alla coscienza morale e la perdita dell’innocenza. Tuttavia, il testo ebraico parla semplicemente del «frutto dell’albero della conoscenza». Di conseguenza, il racconto della Genesi non indica mai esplicitamente il «frutto» che Adamo ed Eva mangiarono; è solo a partire dal V secolo che, nelle tradizioni occidentali, viene identificato con la mela. Si tratta quindi di un’appropriazione culturale del mito biblico da parte degli europei convertiti al cristianesimo.
Così, la mela diventa l’archetipo del «frutto proibito» (dal latino malum/prunum), associando il suo rosso dorato al potere irresistibile della tentazione. La sua polpa rossa e croccante diventa l’immagine lampante della tentazione: addentandola, Adamo ed Eva acquisiscono la coscienza morale, inaugurando la dialettica conoscenza/caduta e trovandosi tra l’aspirazione all’immortalità – la ricerca di una conoscenza divina – e l’inevitabile caduta, il ritorno alla condizione mortale e l’esilio dal Giardino dell’Eden.
Con il frutto dell’albero della conoscenza, l’umanità passa dall’innocenza alla coscienza morale, acquisendo la consapevolezza del bene e del male. La scelta dei nostri antenati pone quindi il frutto dell’albero della conoscenza al centro delle origini dell’umanità.
Il pomo della discordia nella mitologia greca: desiderio, rivalità e guerra di Troia
Tre dee – Era, Atena e Afrodite – si vantano a turno di essere «la più bella» durante un banchetto divino. Eris, dea della discordia, lancia in mezzo agli ospiti una mela d’oro con inciso «τῇ καλλίστῃ» («alla più bella»). Designato arbitro, il mortale Paride sceglie Afrodite come vincitrice e ottiene in cambio la mano di Elena, moglie di Menelao e donna di straordinaria bellezza.
Questa scelta, che scatena la vendicativa ira di Era e Atena, apre così la strada alla guerra di Troia. Il pomo d’oro concentra in un unico simbolo il potere della seduzione, la gelosia e la vendetta: dimostra come un semplice oggetto possa mobilitare l’orgoglio divino e spingere il destino dei mortali verso il conflitto.
La mela è quindi al centro del mito che rappresenta il punto di partenza dell’Iliade e poi dell’Odissea, i testi fondatori della civiltà europea.
Le mele di Idunn nella mitologia nordica: eterna giovinezza ed equilibrio cosmico
Nell’Edda in prosa, la dea Idunn custodisce delle mele dorate che restituiscono agli dei nordici la loro giovinezza e la loro forza, prolungando la loro vita nel Valhalla. Rapita dal gigante Þjazi, priva per un certo periodo gli abitanti di Asgard del loro elisir di giovinezza, facendo vacillare l’ordine cosmico. Le mele di Idunn incarnano quindi la memoria ciclica, la rigenerazione e la fragilità dello status di immortale.
Il nome Iðunn, «colei che rinnova», rimanda alla radice indoeuropea citata nell’Edda di Snorri e nell’Edda poetica, sottolineando un probabile patrimonio comune ai miti della giovinezza e dell’immortalità: mele della giovinezza celtiche, frutti dell’albero della Vita, ecc. Questa convergenza suggerisce una simbologia paneuropea dell’albero e del suo frutto come ponte tra mortali e immortali.
Idunn, custode delle mele dorate, appare quindi come la dea della rigenerazione. Essa sottolinea la dipendenza universale degli esseri, anche divini, dalla memoria ciclica e dalla continua rinascita. La mela, in questo caso, non è un semplice alimento: è sacramento e talismano, garante della stabilità cosmica.
Così, attraverso questo mito nordico, la mela ricorda che il rinnovamento richiede un legame con il passato. Simboleggia la necessaria coesione sociale, poiché condividere o rubare il frutto implica alleanze e tradimenti. Consacra un certo rapporto con il tempo: la periodicità dei raccolti e la ciclicità delle stagioni si riflettono nel consumo rituale delle mele in un determinato momento dell’anno.
Il frutto dell’Altro Mondo nella mitologia celtica: Avalon, «l’isola delle mele»
Per i Celti insulari (britannici e irlandesi), la mela simboleggia l’accesso a un territorio parallelo, il locus amoenus dell’Altro Mondo. Avalon (Ynis Affallach in gallese, Emain Ablach in gaelico, Avallenn in bretone) significa letteralmente «isola delle mele». Abitata da fate o saggi – Morgana, Ginevra –, nella leggenda arturiana appare come luogo di guarigione e rinascita: è lì che viene forgiata Excalibur e che Artù, ferito a morte, viene condotto per tornare in vita. La mela assume il valore di porta d’accesso a un aldilà benefico, che unisce magia, immortalità e perfezione primordiale. Come archetipo, cristallizza la paura e il desiderio di varcare il confine tra il visibile e l’invisibile, tra il tempo umano e l’eternità.
«L’isola delle mele» è un regno paradisiaco dove i meli fruttificano tutto l’anno. La fata Morgana e le sue otto sorelle vi regnano, offrendo giovinezza e salute a coloro che vi accolgono. Per i Celti, la mela è quindi l’archetipo del frutto dell’Altro Mondo, vettore di vita, conoscenza e guarigione. La mela incarna l’immortalità e il passaggio tra il mondo dei mortali e quello degli dei, eco vivente dei cicli naturali e del rinnovamento perpetuo.
Le mele nella mitologia romana: Pomona e le mele d’oro delle Esperidi
I romani celebravano Pomone (dal latino pomum, «frutto»), dea dei frutti, dei giardini e dei frutteti, il cui culto promuoveva la fertilità dei frutteti. Il suo nome è anche all’origine della parola «pomme» in francese. Pomone è la prova che la mela era un frutto importante nella vita quotidiana dei Romani, un simbolo di abbondanza e fertilità.
Venerata per la sua capacità di favorire la fruttificazione, Pomona si distingue per il suo carattere selvaggio: secondo Ovidio, nelle sue Metamorfosi, respinge ogni avance amorosa fino a quando Vertumno, dio delle stagioni e del cambiamento, trasformato in una vecchia donna, la convince ad assaporare i piaceri dell’amore.
Questo mito è un’allegoria dell’amore che richiede tempo, della pazienza e dell’astuzia necessarie per conquistare un cuore e della ricompensa della perseveranza. La mela, al centro della storia, non è solo un frutto, ma il simbolo stesso della fertilità, del desiderio e della passione che alla fine sboccia.
Ereditate dal mito greco, le mele d’oro (poma aurea) compaiono nella versione romana delle Fatiche di Ercole. Liberamente riprese da Virgilio e Igino, simboleggiano l’immortalità e l’estrema rarità: l’eroe deve procurarsi questi frutti custoditi dalle Esperidi e dal drago Ladone per portare a termine la sua undicesima fatica.
Nel Libro X delle sue Metamorfosi, Ovidio racconta la storia di Atalanta, una giovane donna dalla velocità leggendaria che promette di sposare l’uomo che la batterà in una corsa. I pretendenti che falliscono vengono messi a morte. Per vincere la corsa, Ippomeni chiede l’aiuto di Venere, che gli dà tre mele d’oro provenienti dal giardino delle Esperidi. Durante la corsa, le lancia una ad una per distrarre Atalanta, che si ferma a raccoglierle, permettendogli così di superarla e vincere la gara.
Nella mitologia greca e romana, la mela è associata all’amore e al desiderio. Regalare una mela era un segno di dichiarazione d’amore, poiché la mela era il frutto di Afrodite/Venere.
Oltre al culto dedicato a Pomone, diversi riti rurali (Feriae Pomonales) celebrano il raccolto del pomum. I poeti latini sfruttano la metafora del frutto rotondo e carnoso per evocare la femminilità, la fertilità e la voluttà (cfr. Catullo, Tibullo). Nella Villa dei Misteri a Pompei, alcune ninfe portano dei frutti, tra cui la mela, allusione all’abbondanza e ai misteri della vita. La mela ricompare più tardi nell’iconografia cristiana romana, dove a volte rimanda al peccato originale, testimoniando così la sovrapposizione delle tradizioni pagane e cristiane.
In sintesi, il significato del melo nella cultura romana non si limita a una semplice importazione del mito greco, ma continua ad alimentare la cultura europea fino ai giorni nostri.
Continuità simbolica fino ai giorni nostri
Al di là dei racconti fondatori, la mela influenza la creazione artistica europea fino ai giorni nostri. Nella pittura, le Vanità del XVII secolo includono spesso una mela per ricordare la fragilità della vita e la vanità dei beni terreni. Nella poesia romantica, evoca l’amore proibito o consumato (cfr. Les Fleurs du mal di Baudelaire). Nel canto popolare europeo, la mela è oggetto di prova: offrire una mela alla persona amata o rifiutarla suggella la fedeltà o il tradimento, rimandando sia alla tentazione originaria che alla prova amorosa.
Il simbolismo della mela perdura nella pubblicità (salute, bellezza), nella letteratura fantastica (talismani di giovinezza) o nella psicoanalisi (desiderio di completezza). È il frutto di un sincretismo europeo tra il simbolismo pagano e quello cristiano di questo frutto. La mela rimane un serbatoio simbolico eccezionale. Porta con sé la dialettica della conoscenza e del divieto, della vita e della morte, dell’amore e della discordia. La sua onnipresenza nella mitologia, nella letteratura e nelle arti europee testimonia il suo legame con la cultura e la civiltà europee.
Marie Pace
Foto: Adamo ed Eva, dettaglio del dipinto di Lucas Cranach il Vecchio (1526).
Traduzione a cura di Piero della Roccella Sorelli.
Mrie Pacr, Èlèments, La pomme dans l’imaginaire européen (1), 2 ottobre 2025.
