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Storia delle Religioni

Le tradizioni europee: «La mela nell’immaginario europeo (2)»

A turno frutto proibito, oggetto di discordia o dono divino, la mela attraversa le mitologie europee. Simboleggia la conoscenza, la tentazione, la rigenerazione e la discordia. In questo articolo, Marie Pace, uditrice dell’Istituto Iliade (promozione Charlemagne), passa in rassegna il simbolismo della mela in cinque grandi capitoli della mitologia e della tradizione europea: la Genesi biblica, la leggenda greca della mela della discordia, il mito nordico delle mele di Idunn, l’archetipo celtico dell’Altro Mondo e le leggende romane di Pomona e delle mele d’oro – per mostrare come da semplice alimento quotidiano, frutto comunemente coltivato in tutta Europa, la mela sia diventata progressivamente un simbolo mitologico e religioso della civiltà europea. (2/2)

La mela, riflesso del declino della civiltà europea e simbolo della crisi ecologica

 Frutto di innumerevoli incroci, selezioni e innesti fin dall’antichità, i meli costituiscono oggi una delle colture frutticole più intensive d’Europa. Richiedono un apporto massiccio di fertilizzanti azotati, fosforici e potassici, nonché di pesticidi e fungicidi per combattere i parassiti e garantire una pezzatura regolare, priva di difetti estetici. Al punto che la mela è diventata il frutto più contaminato da residui chimici nei frutteti convenzionali.

Allo stesso tempo, la crescente consapevolezza ecologica sta riportando in auge la mela sotto una nuova luce: la ricerca di varietà antiche, la promozione della biodiversità, l’agroforestazione e l’agricoltura biologica stanno trasformando questo frutto nell’emblema di una civiltà capace di riconoscere i propri errori e di ristabilire l’alleanza con la terra. Per quanto possa sembrare paradossale, lo stesso frutto che un tempo incarnava la conoscenza proibita o la discordia divina è oggi al centro della responsabilità ambientale: è diventato il simbolo di un’Europa consapevole del proprio patrimonio mitico e dei propri limiti ecologici.

La mela, archetipo di purezza e desiderio, oggi racchiude in sé una contraddizione simbolica importante: per ottenere un aspetto liscio e una polpa succosa, richiede un’ingente quantità di apporti dai frutteti europei, il cui impatto ambientale è significativo. Questa realtà agricola getta una luce inaspettata sul suo significato simbolico.

Nei miti, la mela rappresenta il frutto perfetto, fonte di conoscenza (Genesi), giovinezza (Idunn) o bellezza (mela d’oro). Nella coltivazione intensiva, questa perfezione visiva e gustativa è possibile solo grazie all’uso di sostanze chimiche. In altre parole, la «purezza» originaria si paga con una forma di corruzione: affinché il frutto rimanga integro e calibrato, viene immerso in sostanze tossiche che inquinano la terra e l’acqua.

Mentre nella Genesi simboleggiava la trasgressione del sapere proibito, oggi incarna la trasgressione ecologica: il desiderio di consumare un prodotto ideale ci porta a superare i limiti della natura. Mordere una mela equivale a ingerire, nostro malgrado, i residui dei pesticidi, come se il frutto nascondesse al suo interno tossicità e pericolo.

Dal frutteto bucolico al laboratorio di chimica

L’industrializzazione della frutticoltura ha trasformato il frutteto bucolico in un laboratorio di chimica applicata. Il melo, albero tradizionalmente associato all’equilibrio delle stagioni, si trasforma in sentinella della modernità inquinante. Ogni fila impeccabile nasconde una meccanica di fertilizzazione sfrenata e spargimenti che alterano la biodiversità. La mela diventa il simbolo della nostra brutale appropriazione della natura: la polpa tenera nasconde un cuore inquinato e tossico.

Questa constatazione scientifica produce un effetto speculare sui nostri miti:

– Ricerca dell’immortalità contro mortalità ecologica: Idunn offriva l’eterna giovinezza agli dei; l’agrochimica promette rendimenti infiniti, ma provoca il degrado dei suoli. 

– Discordia e dipendenza: il melo d’oro provocò la guerra di Troia; il melo industriale alimenta conflitti sull’uso dell’acqua, indebitamento degli agricoltori e crisi degli impollinatori.

La consapevolezza del costo «nascosto»  della mela rinnova il suo potere metaforico: essa può incarnare la responsabilità e la resilienza. I frutteti biologici o agroforestali cercano di ripristinare la produzione senza l’uso di sostanze chimiche, inserendo la mela in un ciclo virtuoso. Invece di essere simbolo di caduta o discordia, diventa emblema dell’alleanza restaurata tra l’uomo e la terra. 

Mordere la mela significa rinunciare all’approccio ecologico. Come Adamo ed Eva di fronte al frutto proibito, ci troviamo di fronte a un dilemma: godere della comodità alimentare o assumerci il costo reale delle nostre scelte. Non basta più essere informati: occorre trasformare ogni atto di consumo in un gesto impegnato.

Prendere la mela come simbolo significa spostare la questione del cambiamento climatico dall’ambito astratto (statistiche, politiche) a quello concreto, ovvero il modo in cui mangiamo, coltiviamo e distribuiamo i nostri alimenti. È la «rivoluzione quotidiana»: scegliere varietà antiche, sostenere i circuiti corti e ripensare l’agricoltura in direzione dell’agroecologia. In questo modo, la mela torna ad essere un vettore di speranza: quella di un legame ristabilito tra l’uomo, il suolo e gli esseri viventi.

In sintesi, la mela non è più il frutto simbolico della conoscenza o dell’immortalità mitica: diventa l’emblema della nostra responsabilità collettiva e dell’urgenza di ripensare i nostri modi di coltivare e consumare.

La coltivazione intensiva del melo richiede apporti nutritivi particolarmente elevati per tre ragioni principali: rese molto elevate ed esportazione di nutrienti, apparato radicale poco profondo e architettura di impianto e fase fenologica molto sollecitata.

I consumatori si aspettano frutti perfettamente lisci, uniformi e senza difetti. Questo obiettivo estetico e qualitativo richiede dosi ottimizzate di azoto per la crescita cellulare, potassio per il contenuto zuccherino e oligoelementi (Mg, Ca, B) per ridurre le malattie fisiologiche e prolungare la conservazione. Poiché i fertilizzanti tradizionali non sono sufficienti a garantire questa qualità, si ricorre a formule più concentrate e ad applicazioni fogliari regolari.

In breve, il melo è oggi una delle colture frutticole più esigenti in termini di nutrienti perché le varietà moderne, le elevate densità di impianto e le aspettative del mercato impongono un livello di rendimento che può essere raggiunto solo a prezzo di un apporto costante di nutrienti, forniti per lo più da fertilizzanti chimici.

Frutto simbolo dell’agricoltura europea, la mela moderna è il risultato di secoli di incroci e innesti. Per soddisfare la domanda del mercato, i frutteti intensivi richiedono ingenti quantità di fertilizzanti azotati, fosforici e potassici, nonché molteplici trattamenti fitosanitari. Oggi è il frutto più contaminato da residui chimici, rivelandosi un «frutto proibito» contemporaneo: dietro l’immagine bucolica si nasconde uno sfruttamento intensivo che inquina il suolo e le acque. 

Questa realtà rinnova il simbolismo della mela: essa torna ad essere lo specchio dei nostri paradossi – desiderio di perfezione contro degrado ecologico – e invita alla riconciliazione. I frutteti biologici, l’agroforestazione e la salvaguardia delle varietà antiche trasformano la mela nell’emblema di un’Europa capace di riparare i propri miti e il proprio suolo. Dalla Genesi ai nostri frutteti, la mela ha tessuto una rete simbolica che collega il divieto, la discordia, l’eterna giovinezza, la magia e ora anche la crisi ecologica. Racconta la storia di una civiltà che, confrontata con i suoi miti fondatori, deve oggi pensare a un nuovo equilibrio tra l’uomo, il suo immaginario e la natura.

Marie Pace

Traduzione a cura di Piero della Roccella Sorelli.

Marie Pace, Èlèments, La pomme dans l’imaginaire européen (2), 2 ottobre 2025.

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