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Cultura Metapolitica

I territori al cuore del mondo

Il nuovo numero della Rivista «Krisis» era atteso. Dopo la «Filosofia» (n. 53), ecco i «Territori». Un numero ricco che esplora tutte le problematiche legate alla questione territoriale. La parola a David L’Épée, caporedattore della rivista.

Éléments: Da quale angolazione ti avvicini alla questione dei territori e perché hai scelto di far apparire il termine al plurale? Non è forse la forza della terra (la parola e l’oggetto) a venire meno in questo modo?

David L’Epée: La affrontiamo da angolazioni molto diverse e spesso complementari, come in ogni numero. Se geografia e geopolitica occupano ovviamente, e non a caso, un posto d’elezione (su quest’ultimo punto penso in particolare al contributo di Jacob Cohen sulla questione territoriale Israele-Palestina), il tema scelto viene sviluppato sotto altri aspetti molto specifici: ecologia, urbanistica, storia, economia, filosofia, e questo ci porta alla spiritualità e all’etologia animale come nel caso del testo di Jean-Philippe Antoni sul biotopo! Il tema può essere affrontato anche in modo più poetico, come ci propone Rémi Soulié con un bellissimo testo sui «luoghi alti», che ci ricorda come il rapporto con lo spazio e la geografia non si limita ai dati indicati su una mappa, ma è legato ad esperienze collegate alla bellezza e al misticismo. Alla figura dell’abitante si aggiunge talvolta quella del viaggiatore. Quanto alla scelta del plurale, va intesa nello stesso senso della scelta del punto interrogativo, che si ritrova nel titolo di ogni numero della rivista. A meno che non consideriamo la parola «terra» in senso planetario e la definiamo come un vasto territorio omogeneo (cosa che sia la geografia naturale che la geografia politica confutano), il plurale, con la sua idea di varietà, è essenziale per comprendere le specificità dei vari territori che compongono il nostro Mondo e le relazioni che intrattengono tra di loro. Anche se in Krisis non c’è mai stata una linea editoriale realmente omogenea, molti di noi sono sensibili a un approccio «differenzialista» rispetto ai temi che affrontiamo – e quello dei territori non fa eccezione.

Éléments: Come riconnettersi con il/i territorio/i? Attraverso l’ecologia, il localismo, la politica, se non addirittura la geopolitica?

David L’Epée: Questa è una domanda a cui rispondono molti dei nostri autori, ognuno a modo suo e secondo le proprie posizioni. Tuttavia, tra un certo numero di essi emerge una sorta di consenso a favore di un desiderio di riappropriazione del territorio da parte delle popolazioni che lo abitano. Quasi ovunque, nella società, si avverte il desiderio di un ritorno a riferimenti geografici a misura d’uomo, con i quali le persone possano identificarsi, cosa che non sempre accade nell’era delle «super-regioni» e della globalizzazione sempre più vasta. Questa è la questione che affronta in particolare Éric Maulin nel suo articolo sulla rilocalizzazione. Se questa domanda ha ovviamente ovvie implicazioni politiche (in quanto essa è strettamente legata alla nozione di sovranità e alle condizioni pratiche della democrazia) ed economiche altrettanto ovvie (posso solo raccomandare l’ottimo testo che Guillaume Travers ha scritto sul problema della doppia «deterritorializzazione» della ricchezza e della terra), essa tocca anche l’area dell’identità e del sentimento, che è un altro aspetto del tema affrontato da molti dei nostri contributi. L’articolo di Raphaël Juan che esamina l’agricoltura da un punto di vista storico nel suo rapporto con il pensiero pagano getta una luce molto interessante su questo aspetto. L’ecologia è forse oggi l’approccio che sta al crocevia di tutte queste preoccupazioni: l’autonomia (per la politica), il localismo (per l’economia), il radicamento (per l’identità) e forse un certo romanticismo per l’attaccamento affettivo o estetico al territorio.

Éléments: Ai territori è ormai legata una logica amministrativa che li concepisce come entità prive di identità. C’è anche un Ministero ad essi dedicati (della coesione territoriale). Non possiamo immaginare Barrès che invoca i territori e gli antenati…

David L’Epée: È vero che il termine, sulla bocca dei politici, ha assunto negli ultimi anni una fredda connotazione amministrativa, soprattutto dopo il vasto progetto hollandista di revisione delle regioni e dei dipartimenti. Un osservatore aveva già notato, durante la campagna presidenziale del 2017, che mentre Marine Le Pen parlava volentieri di «campagne» in relazione ad alcune regioni francesi, Emmanuel Macron preferiva il termine «ruralità». I due candidati parlavano della stessa cosa, ma la scelta delle loro parole tradiva una visione ben diversa della terra, il Presidente della Repubblica non essendo appunto noto per il suo «barresismo» entusiasta…! Ma fuori dagli uffici dei tecnocrati la parola «territorio» può assumere connotazioni completamente diverse, come avviene ad esempio nella storia militare (il territorio che si difende, il territorio che si occupa o che si conquista) dove tale termine occupa un posto fondamentale, come i contributi di Laurent Schang e Jean-François Thull, tra gli altri, testimoniano.

Éléments: È difficile sfuggire a Carl Schmitt, che non manchi di mettere sotto i riflettori. L’uomo è prima di tutto un essere territoriale. Tuttavia, questa proprietà, nel senso filosofico e grammaticale del termine, gli viene sempre più negata. Cosa resta del territorio – nel suo aspetto solido – in un momento di smaterializzazione del mondo – la società liquida?

David L’Epée: Possiamo davvero chiedercelo in un momento in cui la nozione stessa di spazialità è messa in discussione dall’abolizione delle distanze fisiche in concomitanza con l’onniconnessione di tutti con tutti in un mondo vasto. Questo «senza-frontierismo» ha solo un rapporto secondario con la globalizzazione politica ed economica; esso è soprattutto frutto della tecnologia, del trionfo (forse temporaneo) di un supporto materiale ben preciso che ha permesso alla comunicazione di disconoscere il principio stesso dello spazio, e quindi di territorio. L’esempio delle relazioni sociali è in questo caso paradigmatico: si è passati dal primato iniziale delle affinità geografiche (socialità tra vicini, tra parenti in senso territoriale, spaziale) a quello delle affinità elettive, non proprio nel senso inteso da Goethe nel suo romanzo omonimo, ma nel senso che dette affinità (soprattutto ideologiche) stabiliscono oggi legami sociali superando, grazie a Internet, i chilometri che possono separare gli individui connettendoli tra loro. Lungi dall’essere un’«apertura al mondo», questo cambiamento può essere visto al contrario come una forma di chiusura (il famoso spazio sicuro tanto caro ai nostri amici wokes), un espediente che ci dispensa dall’affrontare l’alterità della porta accanto, quella dei nostri vicini, dei nostri genitori, delle persone che incontriamo per strada o che siedono accanto a noi sull’autobus. È infatti sempre più comodo confrontarsi su un forum online con una persona dall’altra parte del mondo che aderisce ai nostri punti di vista o alle nostre concezioni del mondo, della nostra stessa classe sociale o che condivide lo stesso habitus, che farlo al piano di sotto con un cugino o un collega con cui non siamo d’accordo. Ma per capire questo fenomeno è necessario essere un po’ marxisti: questo cambiamento nei modi di socialità non tradisce né un aumento né un declino del livello di coscienza dell’umanità, è solo il riflesso dello sviluppo e della natura invasiva di una tecnologia specifica (Internet) e quindi dipende strettamente dall’infrastruttura fisica che consente il mantenimento di tale tecnologia. Tuttavia, il mio mignolo (a volte contorto da previsioni collassologiche) mi dice che non durerà per sempre e che, per ovvi motivi di risorse limitate, dovremmo aspettarci un’estensione meno indefinita di questa infrastruttura tecnologica rispetto alla prospettiva di un suo crollo a medio termine. Quel giorno le affinità territoriali sostituiranno con naturalezza le affinità elettive, lo spazio riacquisterà l’importanza che ha perso e la società liquida si risolidificherà molto rapidamente…

Revue Éléments

Traduzione a cura di Manuel Zanarini

(Éléments, intervista a David L’Epée, “Les territoires au cœur du monde”, 4 luglio 2022)

Informazioni

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Krisis 53 Territoires ?
La copertina di Krisis N° 53

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