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La Social Justice nel cinema: “Black Adam” e la decostruzione dell’Eroe

La fase attuale del cinema commerciale è incentrata sui personaggi dei fumetti, più precisamente sui supereroi, per una serie di motivi che dipendono probabilmente sia da fattori tecnici i.e., è più semplice ricavare un film da un media che ha già un’impostazione visiva, essendo basato sul disegno, che non da uno, come il romanzo, basato sulla parola, che da fattori antropologici i.e., la società contemporanea si rispecchia in quest’immaginario a differenza di quella che si rispecchiava e.g., nel western. Vista l’importanza commerciale del genere, e relativo interesse a moltiplicare le uscite, Black Adam fa parte di quella categoria di film che esplora i personaggi secondari del proprio universo narrativo di riferimento dato che il protagonista è il principale rivale di Shazam, il cui film è uscito nel 2019 con un seguito previsto per l’anno prossimo1. Anche se entrambi ottengono i poteri allo stesso modo: un dono da parte di maghi che hanno l’obiettivo di donare un protettore al mondo, se Shazam ha una storia editoriale da eroe classico, Black Adam è oggetto di periodiche revisioni che rivelano il progressivo slittamento del ruolo di cattivo in quest’immaginario. Se, nella sua apparizione nel 1945, Black Adam era rappresentato come il classico cattivo che era corrotto dai suoi poteri, passando da difensore ad oppressore, oggi viene rappresentato come il cattivo mosso da intenti condivisibili i.e., un vendicatore privo di scrupoli morali, nel tentativo di sfuggire alla classica rappresentazione manichea tipica del genere.

Dal punto di vista estetico, un navigato mestierante come Jaume Collet-Serra confeziona un prodotto che si uniforma alla visione del genere di un autore come Zack Snyder2 e cerca di utilizzare la spettacolarità dell’impianto visivo per nascondere le lacune di una trama che può risultare, in primo luogo, ostica a chi non conosce i personaggi, dato che sembra partire dal presupposto che lo spettatore già un lettore di fumetti, e di conseguenza evita di caratterizzare i personaggi secondari e relative origini, e, in secondo luogo, risente di una certa timidezza a sviluppare le idee portanti che rendono il film diverso da quelli che lo hanno preceduto: i limiti di un eroe e la percezione soggettiva del bene. Tutti i film del genere partono da un assunto: le azioni di un eroe sono eticamente giuste ed utili al bene collettivo, tant’è che tutte la ambiguità morali delle azioni vengono narrativamente risolte, e giustificate, come conseguenza della manipolazione da parte del cattivo, non da un errore di giudizio. A partire dagli anni ’80 i fumetti hanno cominciato per alcuni personaggi a cambiare quest’assunto incominciando ad introdurre figure ibride, che partono da un altro assunto: se il fine giustifica i mezzi allora è accettabile fare qualcosa di moralmente discutibile pur di fare vincere il bene sul male, il cui archetipo moderno è Rorschach dei Watchmen.

In quest’ottica il film utilizza i due schieramenti che si fronteggiano per gran parte del film per sviluppare questi temi. Il popolo del Kahndaq, immaginario paese del Medio Oriente, vive sotto l’oppressione della Intergang, vagamente rappresentata come una dittatura militare, la cui attività di contrasto alla ribellione locale provoca il risveglio dal sogno millenario del protagonista le cui azioni violente a protezione della popolazione provocano la reazione occidentale con Amanda Waller, capo dell’agenzia A.R.G.U.S., che manda la Justice Society a ristabilire l’ordine. Da questo presupposto Black Adam, il cattivo, viene rappresentato come colui che, nonostante l’assenza di limiti morali delle sue azioni, si occupa di aiutare il popolo a riconquistare la libertà mentre la Justice Society, nonostante il rigore morale e la liceità legale, lavora (in)consapevolmente al mantenimento della dittatura, e non a caso viene contestata principalmente dal popolo del Kahndaq schierato dalla parte del suo eroe. Rimangono sullo sfondo, perché non esplicitamente dichiarate nel film, due questioni note a chi ha visto anche gli altri film o i fumetti: l’A.R.G.U.S. è l’agenzia governativa statunitense che si occupa del contrasto alle minacce superumane, mentre la Justice Society è il gruppo di supereroi della generazione precedente alla Justice League.

L’aspetto più che rende interessante questo film non è quello estetico, bensì quello metapolitico dato che è evidente che, dietro la metafora, c’è la rappresentazione degl’interventi occidentali in Medio Oriente, nonché un accenno di riflessione critica sul loro aspetto etico. Nel film l’esponente della ribellione del Kahndaq rinfaccia esplicitamente alla Justice Society che la cattura di Black Adam è un oggettivo aiuto all’oppressione dell’Intergang, e si sente rispondere che la loro missione è il mantenimento dell’ordine minacciato dai poteri di Black Adam. Non a caso per la prima volta, a memoria di chi scrive, viene espresso il concetto che le persone dotate di superpoteri siano armi di distruzione di massa. Lo spettatore è pertanto posto davanti al contrasto tra la libertà di un popolo e il mantenimento dello status quo suggerendo sottilmente che all’Occidente interessi il primo principio solo quando è compatibile con il secondo, e implicitamente che le azioni di Black Adam sarebbero conseguentemente accettabili se funzionali a quest’obiettivo. Quest’impostazione si contrappone alla rappresentazione canonica di un Occidente la cui missione è la difesa del bene contro il male, per come esposta e.g., nella saga degli Avengers.

Al di là del discutibile risultato estetico, questo è un film che dimostra come il cosiddetto cinema di genere sia, in primo luogo, il mezzo in cui l’Occidente si specchia e cerca di porre delle questioni alle masse, dato che sono film realizzati per questa tipologia di pubblico. Infatti, l’origine della rappresentazione annacquata degli aspetti discussi sopra è verosimilmente legata alla necessità di non essere divisivo per facilitare la fruizione alla fetta di pubblico più ampia possibile, e non ostacolare gli incassi dato l’investimento economico. Film come Black Adam dimostrano che le metafore offerte da questo tipo di cinema consentono di porre dei temi che verrebbero immediatamente presi come provocatori se espressi esplicitamente, ma che riescono a sfuggire alle maglie dell’omologazione nel momento in cui l’apparente centro narrativo sia un combattimento tra buoni e cattivi.

Note:

1. Ovvero, in termini commerciali, il principio è: anziché fare un film con il buono ed il cattivo, si fa un film sul primo, uno sul secondo ed un terzo in cui si scontrano, con il risultato di triplicare le uscite con relativi incassi.

2. I cui film Man of Steel, Batman v Superman e Justice League si situano nello stesso universo narrativo.


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