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L’eredità di Pietro I “il Grande” nella storia della Russia

1.1 Premessa

Il testo della storica e professoressa di storia russa allo University College di Londra, Lindsey Hughes (1949-2007) inerente alla figura dello Zar di Russia, Pietro I “Il Grande” Romanov1, è una delle fonti principali per comprendere la figura del monarca russo e il suo operato: l’eredità che ha lasciato al suo popolo continua tutt’oggi nella Federazione Russa.

Il testo a seguire si concentrerà nell’analisi dell’eredità e della ricezione della figura e dell’operato di Pietro il Grande, in particolare basandosi sugli ultimi due capitoli del saggio di Hughes, Pietro Il Grande edito nel 2002 in lingua inglese ed in italiano per Einaudi nel 2012: XI. Eredità e XII. Commemorando Pietro, da integrare con La storia della Russia che consideri lo sviluppo della Russia fino ai nostri giorni.

2.2 La morte dello Zar

Nelle prime settimane del gennaio 1725, Pietro si trovò a combattere con problemi alla vescica, acuiti, sembrerebbe, dalle tradizionali baldorie del Natale Ortodosso nonché dalla cerimonia sul ghiaccio del 6 gennaio: il monarca soffrì di giornate di agonia dovute all’impossibilità di urinare con brevi periodi di leggero miglioramento. Il 25 gennaio, i medici stranieri, che assistevano la malattia del vecchio Zar riuscirono ad estrarre circa un litro di urina putrida, procedura che portò ad un’alta febbre; lo stesso giorno, i medici redassero una lettera al re di Prussia facendola sembrare scritta dallo stesso Pietro affinché mandasse il suo medico personale. Inoltre ci fu un ordine di scarcerazione di prigionieri “per la salute del sovrano” nonché continue preghiere ventiquattr’ore su ventiquattro. Tuttavia sia la richiesta d’aiuto inoltrata verso la Prussia, che non sopraggiunse in tempo, sia le preghiere, le scarcerazioni e le cure si rivelarono del tutto inutili.

Pietro morì il 28 gennaio 1725 per infezioni. Nelle parole dell’arcivescovo, uno dei promotori delle riforme petrine, Feofan Prokopovič, racconterà l’espiazione del monarca come “avvenuta nella santità della pietà, tra le quattro e le cinque del mattino del 28 gennaio 1725, nel suo studio su un lato del salone grande al primo pianto del Palazzo d’Inverno”2.

Pietro I Romanov aveva alla morte, secondo i meticolosi resoconti ufficiali, 52 anni, 7 mesi e 29 giorni e la morte era sopraggiunta nell’anno quarantaduesimo, del mese settimo e terzo giorno del suo regno.

Secondo le fonti contemporanee, si può confermare che lo Zar morì di un’infiammazione alle vie urinarie che portò ad una sorta di ritenzione, chiamata renella; nonché sembra, sempre da una diagnosi moderna basata sulle fonti dell’epoca, che il monarca potesse soffrire anche di un disturbo alla prostata. Inevitabilmente, a seguito della morte di Pietro, si diffusero nel periodo voci di un possibile avvelenamento da parte della consorte Caterina e/o dal Principe e Generale Aleksandr Menšikov, confidente di Pietro durante il suo regno3. Ma nonostante le voci sul presunto avvelenamento, la morte di Pietro Il Grande gettò la Russia in una profonda crisi politica, come descritto dallo studioso Paul Bushkovitch4, perché lo  stesso Zar non riuscì a mettere in pratica la sua legge di successione dinastica, che autorizzava il sovrano a nominare a suo piacimento l’erede al trono. Sembra, secondo alcune testimonianze, che in punto di morte, decise proprio sua moglie Caterina, ma di ciò non si è sicuri. Sta di fatto che comunque la consorte godette dell’appoggio della corte e della guardia imperale a scapito del piccolo Pietro II e delle figlie dello Zar. Il principio della legge di successione del 1722 guardava non tanto all’anzianità od al sesso del successore ma “al merito5”.

Con la morte di Pietro si chiudeva un’epoca. La Russia durante il suo regno era cambiata: Paul Bushkovitch scrive: “Il regno di Pietro Il Grande coincise con la più grande trasformazione vissuta dalla Russia alla Rivoluzione del 19176” ma questa trasformazione non era tanto socio-economica come quella successiva sovietica che andò a toccare ed a rimodellare molte sovrastrutture del passato – come il servaggio- ma ciò che lo Zar Pietro cambiò con decisione fu “la struttura e la forma dello stato, trasformando il tradizionale regno zarista in una variante della monarchia europea7”.

La morte di Pietro divenne l’occasione per molti artisti per ritrarre il sovrano nella sua magnificenza e per commemorarlo: in un dipinto, attribuito all’artista di Ivan Nikitin (1688-1742), considerato da alcuni precursore del realismo russo, il monarca è ritratto sul letto di morte con “l’impressione del riposo” quasi a rappresentare una metafora “della lotta condotta da Pietro per tutta la vita nello sforzo di portare la Russia verso il mondo moderno8”. Il ritratto sembra esprimere l’intensità delle icone russe sacre: il volto stesso dello zar è sintesi di una vita terrena di imprese laiche ma allo stesso tempo miracolose; secondo i successivi storici dell’arte sovietica il quadro condensa in sé una forte sensibilità patriottica tipicamente russa.

Un’altra opera degna di attenzione è il modello di cera di Pietro Il Grande (successivo a diverse maschere mortuarie e calchi del sovrano) realizzato da Carlo Bartolomeo Rastrelli, originario di Firenze. Il modello è rappresentato con gli abiti indossati da Pietro per l’incoronazione di Caterina, in una posa maestosa che ne esalta l’onore e la dignità reale quasi sacrale. Ed in effetti questo modello di cera veniva incontro ad una santità ortodossa che si manifestava nell’incorruttibilità del corpo: la stessa salma del sovrano aveva maschere funerarie e ritocchi con il fine di preservare la sua forza del monarca, di perpetuare la “luce dell’innovazione” nelle “tenebre” di certo “oscurantismo russo” preminente prima delle sue riforme.

La salma dello zar fu esposta dai primi di febbraio fino al dieci di marzo al Palazzo d’Inverno per permettere al pubblico di accedere alla camera ardente per l’ultimo saluto. La bara era circondata da tavoli cappeggianti il suo baldacchino, i suoi speroni e il suo vestiario nonché gli ordini militari e cavallereschi più importanti fra i quali primeggiava quello di Sant’Andrea; oltre a ciò erano presenti quattro statue bronzee rappresentanti la Russia in lacrime, l’Europa, Marte ed Ercole nonché quattro piramidi di marmo bianco con geni in atteggiamento di lutto che raffiguravano la Morte, il Tempo, la Gloria e la Vittoria recanti le scritte: “Sollecitudine verso la chiesa, riforma della cittadinanza, addestramento dell’esercito e costruzione della flotta9. Un drappo sempre presente sulle piramidi esortava tutta la Russia ad affliggersi per la perdita del monarca.

Nell’enorme corteo funebre, le persone che primeggiavano al suo centro erano il carpentiere britannico Joseph Noye, il Generale Menšikov e la moglie Caterina con le sue figlie. L’arcivescovo Feofan Prokopovič fece un’orazione al defunto Zar chiamandolo “Sansone” per la sua strenua difesa della patria, “Mosè” per il suo ruolo di legislatore, “Salomone” grazie al suo raziocinio ed alla sua saggezza,  e infine “Davide e Costantino” in riferimento alla sua riforma della Chiesa. L’Autocrate di tutte le Russie, secondo un’iscrizione riportata sulla tomba, lasciò il regno terreno e migrò nel regno celeste nel dì di 28 gennaio del 1725.

3.3. La ricezione di Pietro nella monarchia zarista

Secondo le testimonianze fornite dalle cronache e dalle corrispondenze ufficiali dell’epoca, molti piansero la morte dello Zar, perfino gli studenti russi ad Amsterdam. Stabilire chi piangeva per disperazione a causa della morte di un amato monarca era abbastanza facile, mentre – secondo la Hughes – meno facile era sicuramente stabilire la reazione dei dissidenti religiosi alla morte di Pietro: i tradizionalisti consideravano certe scelte dello Zar – come l’utilizzo di maiali ed orsi attaccati ai carri  – una forma “bestiale” e una prova che egli  fosse l’Anticristo10.

Il breve regno della moglie Caterina I, che successe a Pietro e terminò con la sua morte nel 1727, fu visto come un governo ove ella “poteva governare nello spirito di Pietro11” poiché in qualche modo, si pensava, che fosse addirittura una sua “creazione” come l’oro nel crogiolo di un alchimista; a ciò si aggiungeva la retorica di Caterina come “madre della Russia” nonché diversi ricorsi alle storie dei sovrani classici ed alle dee. I contemporanei addirittura scrissero che “Pietro diede ai Russi il corpo, ma Caterina diede loro l’anima12”.

Alcuni sovrani ammiravano Pietro più di altri, ma ufficialmente la sua fama era inviolabile. Da Caterina I passando poi per Caterina II fino ad Alessandro III e Nicola II tutti in qualche modo, nelle loro decisioni, invocavano lo “spirito di Pietro”.

Fra i sovrani suoi successori che si sentivano legati all’immagine di Pietro Il Grande, quello che primeggiava, fu lo Zar Nicola I (1796-1855); anche se nessuno dei tradizionali anniversari volti per commemorare l’immagine di Pietro cadevano sotto il suo regno egli fece di tutto per commemorarlo in ogni occasione possibile. Uno dei primi luoghi, che a buon titolo potevano considerarsi “luoghi di Pietro” ove lo Zar, durante la sua vita, visse o se ne servì in qualche modo, fu la sua prima casetta edificata a San Pietroburgo racchiusa in un involucro protettivo per volere del sovrano. La piccola casetta in legno che Pietro usava come abitazione nei tempi della costruzione di San Pietroburgo fu anche una componente fondamentale del mito della sua immagine; che dipingeva il sovrano come un uomo modesto e pieno di virtù: egli viveva in una semplice casetta che si stagliava su uno sfondo pittoresco. Molti opuscoli che avevano anche uno scopo educativo, mettevano in evidenza il fatto, che uno studente dovrebbe mettere in comparazione la casetta di modeste dimensioni del vecchio Zar con il Palazzo d’Inverno sede dei suoi successori.

Durante il regno di Nicola I, la casetta divenne anche una cappella; venne trasformata in una sacra chiesa per tutti coloro che afflitti ed amareggiati cercavano la misericordia di Dio; nonché per gli studenti, che a quanto pare, si recavano in visita alla cappella prima degli esami di aprile e maggio13. Per Nicola I, che non ebbe la possibilità di commemorare Pietro in occasioni particolari, salvo che egli venne incoronato ad un secolo di distanza dalla morte del suo predecessore; egli ebbe ad indicare il vecchio monarca come “il benefattore della patria Pietro il Grande” 14e come colui che si batté intensamente per l’orgoglio nazionale e la patria russa portandola a glorie e grandezze infatti non si troverà “in tutta la storia un altro esempio simile15.

L’ultimo Zar, Nicola II, cercò di richiamarsi per le sue campagne militari: nella Guerra Russo-Giapponese e nella Grande Guerra alle campagne militari di Pietro. Il sovrano, inoltre, invitò in un discorso “tutti i veri russi di sostenere ed amare16 Pietro nonché i ritratti ufficiali di Nicola II spesso venivano messi a fianco di un ritratto di Pietro negli edifici pubblici.

Dopo secoli, nel 1917, il potere zarista crollerà prima con la rivoluzione di Febbraio e la Repubblica russa di Kerenskij e poi con l’avvento del bolscevismo nel novembre dello stesso anno. Quindi che rimase della ricezione di Pietro nella nuova Russia? Di questo si parlerà nel paragrafo a seguire.

4.4 La ricezione di Pietro il Grande nell’Unione Sovietica e nella Federazione Russa.

Con la rivoluzione d’Ottobre del Novembre 1917 e con l’instaurazione del Potere sovietico nel dicembre del 1922 gran parte delle effigi e dei monumenti del passato imperiale russo vennero colpite dalla furia iconoclasta dei bolscevichi; anche l’immagine di Pietro venne colpita dal nuovo regime: diversi busti vennero demoliti e fusi nonché molti quadri distrutti. Si propose addirittura, durante il periodo di “furia rivoluzionaria” (1920-30) l’idea di abbattere tutti gli edifici e i monumenti costruiti dieci anni prima. La famosa statua equestre di Falconet (1768-78) raffigurante Pietro I il Grande, “Il Cavaliere di Bronzo” fu salvato per il suo “disegno unico e per la sua ingegnosità tecnica17” nonché per i suoi collegamenti storici con Puškin e i decabristi. Il Cavaliere di Bronzo venne rappresentato, spesso, anche in epoca sovietica su francobolli e monete commemorative sia nell’anno della morte di Lenin e nel seguente periodo di Stalin, sia durante la destalinizzazione di Chruščëv e Bréžnev fino alla Perestrojka di Gorbačëv18.

La casetta di Pietro venne posta nel 1918 sotto tutela della nuova Autorità per i musei e nel 1930 la cappella venne “liquidata” e la casetta venne considerata come un prezioso monumento di cultura concreta che caratterizzava l’iniziale fase urbanistica di San Pietroburgo, ribattezzata nel 1924 per via della morte del fondatore dell’URSS Vladimir I. Lenin come “Leningrado”.

La stessa casetta sarà successivamente più volte spostata e rivalutata come “monumento militare” e “del lavoro” ma la figura di Pietro viene in qualche modo estraniata dal monumento della casetta rivisitato in chiave militare e proletaria.

La figura dello Zar dopo un periodo di relegazione venne rivaluta con l’approvazione di Stalin; ciò impedì che la sua figura sparisse dalle arti visive nonché dalla memoria dei popoli che componevano l’allora Unione Sovietica19. Stalin disse che “Il Marxismo non negava del tutto il ruolo di individui straordinari”. Gli eroi risvegliati dal passato furono rimodellati per adattarsi alla nuova ideologia marxista-leninista che permeava il nuovo regime. Stalin ammirava Pietro il Grande, anche se non tanto quanto Ivan IV il Terribile, ma apprezzava i parallelismi fra la sua figura e quella di Pietro. Dichiarò, nel 1928, che “Quando Pietro il Grande, che doveva trattare con i più evoluti paesi dell’Occidente, costruì febbrilmente fortificazioni e opifici per rifornire l’esercito e rinforzare le difese del paese, questo fu un tentativo originale per fare un balzo fuori dalla struttura dell’arretratezza20”.

L’obiettivo che Stalin si prefisse, e raggiunse pure, era analogo a quello di Pietro il Grande: mettersi alla pari delle nazioni occidentali, nel caso di Pietro per uscire dall’oscurantismo, nel caso di Stalin per mettersi alla pari industrialmente e tecnologicamente con le nazioni europee e gli Stati Uniti.

L’immagine del nuovo capo sovietico non poteva basarsi solo sul raziocinio economico del marxismo, ma doveva creare un tipo di culto sia di Stalin che del predecessore, Lenin, che si sostituiva a quello delle icone religiose ed imperiali; e si cercava pure conferma nelle figure del passato come quella di Pietro viste come utili per il concretizzarsi sia di un presente autocratico

nonché di una rivoluzione autenticamente sociale e volta ai contadini ed agli operai21. Secondo lo storico marxista tedesco Arthur Rosenberg (1889-1943) nella sua “Storia del Bolscevismo” paragonò, nonostante le sue dure critiche a Stalin, quest’ultimo a Pietro; nel suo tentativo di riforma sociale il socialismo staliniano si avvicinava di più ad una forma di “capitalismo di stato” vicino alle riforme petrine piuttosto che all’applicazione pratica dei principii marxisti22.

I luoghi e le statue di Pietro, insieme ad altri monumenti precedenti alla rivoluzione bolscevica, riassunsero il loro ruolo durante la difesa della città di Leningrado dall’assedio dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale; nel 1941 montanari ed operai specializzati in riparazioni di campanili mimetizzarono il campanile della Cattedrale dei Santi di Pietro e Paolo; cui questa guglia divenne uno dei simboli della difesa della città. Il Cavaliere di Bronzo venne coperto per essere protetto dai bombardamenti aerei come voleva quella leggenda secondo cui se si proteggeva la statua di Pietro, la città non sarebbe caduta ed infatti non cadde; la Statua dello Zar divenne il simbolo della lotta vittoriosa contro l’ingerenza straniera nonché filo conduttore che unisce la grande gloria dei russi alle vittorie dei giorni nostri23. Anche la famosa casetta di Legno divenne un simbolo potente quando i nazisti minacciarono di raderla al suolo. Infine nel 1942 la tomba di Pietro nonché quelle di Aleksandr Nevskij e dei generali Suvorov e Kutuzov vennero abbellite in fretta e furia come punti di raccolta per la lotta contro l’invasione nazista.

La figura di Pietro venne ampiamente rivalutata nella lotta sovietica contro l’invasione nazionalsocialista tedesca; egli rappresentava un simbolo patrio e di resistenza allo straniero.

In generale durante il periodo sovietico, almeno fino alla Perestrojka (ove si incontrarono le più svariate tendenze), Pietro venne percepito in maniera bipolare: da una parte non doveva essere troppo esaltato (dopotutto aveva mandato in rovina i contadini ed era stato troppo aperto verso gli stranieri) e non era grande quanto Lenin nella gerarchia dei capi del paese; d’altra parte era un eroe nazionale russo e non poteva essere denigrato o ridicolizzato24.

Il tricentenario (1972) della nascita di Pietro fu quasi un evento.

Durante l’era sovietica, gli storici potevano arrivare ad un giudizio per lo più positivo sull’immagine del sovrano russo: Pietro fu un uomo del proprio tempo che “schiavizzava” i contadini ma anche un “progressista” che ha dato sostegno alle scienze, alla ragione ed allo sviluppo della madrepatria nonché alla sua difesa e gloria. La tomba di Pietro Il Grande negli anni dell’URSS fu l’unica fra le tombe dei Romanov ad essere costantemente ornata da fiori freschi, da un busto e pure da uno stendardo militare25.

Durante la Perestrojka (1985-1991) e il periodo della neonata Federazione Russa, sorta dalle ceneri dell’URSS a seguito del tentativo di golpe dell’Agosto 1991 ed alla dissoluzione de facto del dicembre stesso, del presidente Boris El’cin (1991-1999) ci furono sentimenti contrastanti verso Pietro: nel Settembre 1991 gli abitanti di Leningrado votarono in un referendum per ripristinare il nome di San Pietroburgo alla città. Questo per molti fu l’inizio di una riapertura di un discorso sulla “finestra dell’Europa” che caratterizzava la città e sulle origini petrine delle forze armate26.

Ma ovviamente i discorsi che stavano per riemergere non erano solo adulativi verso la figura del monarca ma anche sprezzanti, soprattutto per l’allentarsi della censura sovietica nonché per gli influssi di studi provenienti da Occidente: molti storici seguivano le linee dello studioso Evgenij Anisimov (1970-vivente), che aveva tracciato una visione negativa di Pietro descritto come un “Imperatore-bolscevico” che aveva trasformato la Russia in un “gigantesco gulag-gerarchico” frenandone lo sviluppo ed accentuando le sue caratteristiche che la rendevano distante dall’Europa occidentale. Sempre nello stesso periodo, apparve una corrente storiografica volta a sottolineare le stranezze dei grandi capi del passato: prima fra tutti l’intoccabile Lenin, poi fu la volta dello zar Pietro sul quale ci furono tesi e speculazioni che volevano mettere in risalto episodi particolari  della sua infanzia, la sua salute fisica e mentale, persino sui suoi feticismi sessuali.27

Ma nonostante ciò, il popolo russo non sembrò scalfitto da certe opinioni di sparuti gruppi intellettuali; Radio Free Europe nel 1993 fece un sondaggio “sulla figura politica più eminente nella storia russa” e rivelò che Pietro guadagnò il 44% dei voti a scapito di Lenin con il suo 16%. Mentre in un sondaggio condotto a Mosca nel 1994 su quale periodo i russi si sentissero “più orgogliosi” il 54% scelse il periodo di Pietro seguito da quello di Stalin con un 20%. Nel 2005, il Quotidiano britannico Indipendent, che per i russi, il più grande russo fu Pietro il Grande seguito da Alessandro II e Stalin28. Nel 2017, secondo uno studio del Centro Levada sul “capo russo più popolare”; si può evincere che la popolarità dell’attuale presidente russo Vladimir V. Putin (1999-attualmente in carica) è scesa dal 35% del 2017 al 15% del 2021, superato da Pietro il Grande per il 19%, poi al 23% il poeta Puskin ed al 30% Lenin, imbattuto con il suo 39% rimane Stalin29.  La popolarità di Putin è stata ristabilita nell’ultimo anno (2022) a seguito del conflitto russo-ucraino; si presume che queste cifre di popolarità oltre che politica siano indice anche di futura importanza storica30.

Durante il periodo di privatizzazioni nei primi anni ‘90, il primo presidente della Federazione El’cin veniva paragonato dai suoi sostenitori31 a Pietro il Grande per le sue riforme filo-occidentali; stesso trattamento fu riservato al suo predecessore Gorbačëv32, nel periodo di “rinnovamento e trasparenza” dell’Unione Sovietica.

Entrambi i capi di stato volevano presentarsi come riformatori, anche se in qualche modo le loro riforme economiche andarono a vantaggio più per l’occidente, favorirono i primi grandi oligarchi a discapito del popolo russo, del loro spirito nazionalistico e senso di appartenenza alla grande madre Russia.

5.5 Per una breve conclusione di un’eredità ancora aperta

Come abbiamo visto l’eredità della figura di Pietro I Romanov detto “Il Grande” fu in qualche modo presente in positivo, sia nel periodo monarchico come “sovrano a cui richiamarsi” sia nel periodo sovietico come figura “nazionale di un grande russo” ove veniva messo in evidenza il lato progressista e criticato il suo sopprimere i contadini e decabristi. Con la fine del XX secolo e la disgregazione dell’Unione Sovietica, la memoria dello zar Pietro I riuscì a superare indenne le critiche che volevano ridurlo a “primo bolscevico” e le analisi storico- psicologiche che volevano farne un ritratto problematico: Pietro I il grande rimase e continua a rimanere a tutt’oggi un simbolo potente dell’identità russa.

Se la Hughes, morta nel 2007 per via di un cancro e da cui questo testo ha attinto le principali fonti, finì il suo saggio parlando di una eredità ancora aperta visto che da tre secoli si continua a discutere della e sulla sua figura.

Se il XXI secolo si apriva, come scrisse il poeta postmoderno Morozov (citato dalla Hughes) come quel secolo che vedeva, nell’imaginario dello scrittore; “lo sguardo triste” del Cavaliere di Bronzo rappresentante Pietro su di una ragazza in jeans e sui barboni e sulle banche nascenti della Russia post-sovietica34; si può dire che un’eredità di dignità la Russia che egli aveva lasciato tre secoli prima l’abbia e la stia trovando oggi: “Pietro fece della Russia una grande potenza che, nel complesso, rimase tale fino a tempi recentissimi35”, scrive la Hughes nel 2002, oggi si può dire che lo status di superpotenza che la Russia ha avuto sia dall’epoca zarista da Pietro in poi e poi nel XX secolo con la Guerra Fredda è stato ristabilito nel panorama geopolitico contemporaneo.

Il dibattito di Pietro Il Grande riguarda “l’identità nazionale russa36” questo da sempre; e tutt’oggi è più presente se l’attuale Presidente della Federazione Russa, nel corrente stato di tensione delle regioni post-sovietiche, cita la guerra di Pietro contro la Svezia per legittimare la così detta “Operazione militare speciale” ai danni della Repubblica Ucraina37.

Note:

1. LINDSEY HUGHES, Pietro Il Grande, Torino, Einaudi, 2012

2. LINDSEY HUGHES, cit. pp. 266-267

3. Ibidem

4.Cfr. PAUL BUSHKOVITCH, Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin, Torino, Einaudi, 2013 cit. p. 116

5. Cfr. LINDSEY HUGHES, cit. pp. 268-269 e PAUL BUSHKOVITCH, cit. pp. 116-117

6. PAUL BUSHKOVITCH, cit.p. 93

7. Ibidem.

8. LINDSEY HUGHES, cit.p. 269

9. Ivi. p. 272 (in maiuscolo nel testo).

10. Ivi. p. 278

11. Ivi. p. 279

12. Ivi. p. 281

13. Ivi p. 309

14. Ivi. p. 311

15. Ibidem.

16. Ivi. p. 319

17. Ivi. p. 320

18. COLIN R. BRUCE, Standard Catalog of World Coins: 1901-2000, Iola (USA), Krause Pubblications, cit. pp. 1726-1742

19. LINDSEY HUGHES, Pietro il Grande, Torino, Einaudi, 2012, cit. p. 321

20. Cfr. Ivi. p. 297

21. MOSHE LEWIN, Alle prese con lo stalinismo in AA.VV. Storia del Marxismo. Il Marxismo nell’Età della Terza Internazionale. Dalla crisi del ’29 al XX Congresso, Torino, Einaudi, 1981 cit. pp. 30-31

22. MASSIMO L. SALVADORI, La critica marxista allo stalinismo in Ivi cit. pp. 120-121

23. LIDSEY HUGHES, Pietro Il Grande, Torino, Einaudi, 2012, cit. pp. 321-322

24. Cfr. Ivi. p. 323

25. Ivi. p. 324

26. Ibidem.

27. Ivi. pp. 324-325

28. ANDREW OSBORN, Nostalgia reigns as Russians vote for Peter the Greatest in Indipendent del 14 gennaio 2005 <https://www.independent.co.uk/news/world/europe/nostalgia-reigns-as-russians-vote-for-peter-the-greatest-486553.html> link consultato in data 26/01/2023

29. Putin Plummets, Stalin Stays on Top in Russians’ Ranking of ‘Notable’ Historical Figures – Poll, The Moscow Times, 21/06/2021 consultato in data 26/01/2023

30. [1] How popular is Putin, really? In Washington Post del 13/04/2022 <https://www.washingtonpost.com/politics/2022/04/13/putin-public-opinion-propaganda-levada-center/> consultato in data 26/01/2023

31. Sondaggio: Do you approve of the activities of Vladimir Putin as the president (prime minister) of Russia? <https://www.statista.com/statistics/896181/putin-approval-rating-russia/> (Dicembre 2022) consultato in data 26/01/2023

32. LINDSEY HUGHES, Pietro il Grande, Torino, Einaudi, 2012 cit. pp. 330-331

33. Ivi. cit. p. 298

34. Ivi cit. pp. 332-331

35. Ivi cit. p. 285

36. Ivi. cit. p. 287

37. Putin likens himself to Peter the Great, suggests Russia is justified in invading Ukraine, CNN, 10/06/ 2022 <https://edition.cnn.com/europe/live-news/russia-ukraine-war-news-06-10-22/h_d4cc52a44868843525105370d9c8a8ab#:~:text=Russian%20President%20Vladimir%20Putin%20to%20Peter%20the%20Great%2C,fighting%20over%20territory%20that%20rightfully%20belonged%20to%20Russia.> link consultato in data 26/01/2022

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