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Alla memoria di Fernando Sánchez Dragò (L’Inattuale)

Si è spento qualche giorno fa, all’età di ottantasei anni, Fernando Sánchez Dragò, scrittore ed avventuriero, ultimo rappresentante dell’“hispanidad”, testimone di un mondo che non c’è più, di quella Spagna magica che lo stesso scrittore madrileno, cresciuto nel Barrio Salamanca, immortalò in un’opera monumentale “Gargorys y Habidis”. Conobbi Fernando Sánchez Dragò grazie ad un amico diplomatico spagnolo; chiedendogli qualche consiglio in materia di libri sulla Tauromachia e del mondo delle corride, mi inviò un video dove Dragò prendeva le difese del mondo del taurino. “La corrida es la ultima cosa que se queda del mundo antiguo”: l’arena come un cerchio sacro e l’uomo e la bestia che inscenano una danza, al punto che il torero prende le sembianze del toro ed il toro l’espressione di un essere umano, diventando una cosa sola. A quel mondo dedicò anche un libro, “Volapiè”, che ordinai direttamente presso una libreria di Madrid. Di lì la scoperta di Dragò, uno scrittore eclettico. Fernando era un “niño raro”, a tre anni quando una signora amica della mamma chiese: “cosa vuoi fare da grande?”, rispose “voy a ser escritor”. Le idee chiare fin da fanciullo per un bambino prodigio, sempre con un libro sotto il braccio: “un libro por día”. Gli anni del “Colegio del Pilar” furono indelebili e i più importanti, come amava ricordare anche Cesare Pavese. Durante le tue interviste Fernando, non facevi altro che ripeterlo, e poi quel sorriso che ha sempre caratterizzato il tuo viso, ti ha segnato fin da piccolo, quando raccontavi che se altri bambini piangevano o si disperavano al ricevere di una cattiva nota, tu sempre rispondevi con un sorriso. Una vita tutta di corsa, vissuta intensamente, sempre alzando la posta, come un matador al centro dell’arena. “Mezclarse con la vida”, era la tua massima hemyngueiana, e iniziasti subito mettendoti nei guai, quando fondasti il Partito Comunista spagnolo insieme ad altri tre giovani intellettuali come te, non perché in realtà fossi comunista, ma perché come ricordavi nell’ultima tua intervista (https://www.youtube.com/watch?v=Yd7gAZ-JgCE&feature=youtu.be) era l’unica piattaforma per esprimere un pensiero dissidente e libero. Antifranchista non sei mai riuscito ad esserlo, anche se la guerra civile spagnola ti aveva strappato tuo padre, giornalista repubblicano. Parole di encomio le hai avute anche per José Antonio De Rivera, capo della Falange Spagnola. Non hai mai vissuto così libero che durante la dittatura franchista e anche gli anni del carcere per te furono anni di passione intellettuale, sempre in contatto con uomini “contro”, come eri tu. La tua produzione letteraria è imponente, hai scritto quaranta libri, migliaia e migliaia di articoli. Scrittore e viaggiatore instancabile, nel 68 eri già hippie prima che gli hippies venissero, con quel viaggio a Katmandù, mentre Cristina, la compagna “de esta locura”, come definivi la tua vita, aspettava Ayanta, tua figlia per metà italiana: “El camino del corazón”, fu un successo editoriale, ristampato in diverse lingue che ti regalò il “Premio Planeta” nel 90. Cristina al tuo ritorno ti avrebbe lasciato perché portata via da un cancro, ma ti aveva lasciato Ayanta. “Fernando Corredor”, quante vite hai corso? Troppe per una persona normale e forse anche per uno scrittore. Undici relazioni, tre mogli e quattro figli, l’ultimo Akira, a 76 anni. Hai viaggiato dall’India al Giappone, vissuto ed insegnato in sette Paesi tra i quali anche l’Italia, e chissà quanti altri. Ma per raccontare hai bisogno di materiale e non ti sei certo risparmiato. “Gastarse”, spendersi. Mi perdoneranno i lettori per questo abuso della grammatica spagnola, ma nel ricordo di Dragò devo per forza ricorrere al “castellano”, perché non farlo sarebbe come tradirlo. Le interviste che hai rilasciato erano anche più belle dei tuoi libri, hai sempre parlato di te. In uno che ho letto qualche estate fa “El sendero de la mano izquierda”, stendevi un catalogo di regole per un buon vivere, alcune prese dallo spiritualismo orientale, come la filosofia taoista. “Nunca plantear”, non fare programmi a lunga scadenza, hic et nunc, vivi qui e adesso. Fai sempre cose sentendoti con la coscienza a posto “en su sitio”, non ti ripetere quando parli “no te repités”, questi gli aneddoti che ricordo più frequentemente. Una vida por lo libros. “Estoy mas orgulloso por los libros que he leido de aquellos que he escrito”. Che bella frase detta da uno scrittore. E ai libri dedicasti anche trasmissioni come “El faro de Alejandria” o “Las noches blancas”, con interviste e serate a tema come il mistero di Cristo, dell’aldilà, maestri dello spirito; salotti televisivi che tu moderavi con ospiti eccezionali, come il tuo amico Antonio Escuchado o André Malvì. Le tue citazioni di Julius Evola e di Renè Guenon erano quasi un ammiccamento all’ambiente di una destra metafisica. Indimenticabile quella intervista ad Alain De Benoist sul percorso intellettuale dell’autore della Nuova Destra. In una tua dichiarazione di qualche anno fa, declinasti a tuo modo proprio una frase del filosofo francese:” quando una persona dice di essere né di destra né di sinistra, solitamente è di destra, ed io non sono né di destra né di sinistra”. Ma ero un modo per uscire fuori dalle convenzioni e dai recinti del conformismo intellettuale, sei sempre stato oltre i concetti di destra e di sinistra, che ritenevi obsoleti e troppo restrittivi per una mente che amava le idee e repelleva le ideologie. Destra e sinistra, come insegnava Ortega y Gasset, erano solo modi per definirsi degli stupidi. Pensavo che in una delle tue trasmissioni, sarebbe stato bello vederti con Franco Battiato e Manlio Sgalambro a discettare di sufismo o altri sistemi solari. Negli anni recenti hai denunciato la dittatura del politically correct, il puritanesimo di ritorno propugnato dalla ideologia “woke”, il tuo sostegno a Santiago Abascal e la denuncia delle misure liberticide applicate dal governo guidato dalla sinistra di Sanchez, ti sono costate l’allontanamento da El Pais e dall’editoria main stream, ma non per questo sei stato meno attivo e hai sempre fatto sentire la tua voce contro gli abusi di potere e la dittatura progressista. Per tacere della tua opinione sui disastri della Nato, dell’imperialismo americano, del tuo sostegno a Marine Le Pen o a Vladimir Putin “Il più grande leader vivente”. Nell’ultimo periodo di ritirasti a Castilfrío, ritorno alle origini, dopo aver girato in lungo ed in largo, perché oggi i veri avventurieri non hanno bisogno di muoversi, dove tutto è a portata di clic o dove il turismo di massa ha portato il suo delirio ovunque. In un articolo che lessi qualche tempo fa, dicevi proprio che la “aventura ya se acabò”. Lì, nel tuo eremo nella Castilla y Leon, hai vissuto in compagnia della biblioteca privata più grande del mondo (120.000 mila volumi), i tuoi amati gatti, uno dei tuoi cinque animali totemici come amavi ricordare, della tua compagna giapponese e del tuo figlio di dieci anni. A Soseki, dedicasti anche una “novela”, Soseki “inmortal y tigre” e nelle tue interviste ricordavi che piangesti più per la sua dipartita che per quella di tua madre… Hai sempre amato esagerare e lo rivendicavi quasi con orgoglio. Anche tu eri impossessato dal demone della gioventù, quasi cento pastiglie per integrare il tuo corpo e per tenersi giovane. Adesso è tempo di prendere commiato caro Fernando, raggiungi Cristina, Soseki, il tuo amico Antonio Escuchado nel cielo, riprendi a viaggiare col tuo spirito e dal Castilfrío, raggiungi il Nepal, l’India, il Medio Oriente, vai dove vuoi perché non ti fermerai nemmeno da morto, completa le tue memorie, visto che hai ancora tre libri da scrivere e tanto ancora da raccontare… Porta il tuo sorriso agli Dei.

Antonio Terrenzio

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