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«Ordine multipolare. Geopolitica e cultura della crisi»: in uscita il nuovo lavoro del G.R.E.C.E. Italia

Ventuno autori si interrogano sulla “seconda decolonizzazione” del mondo e sui nuovi equilibri di potenza.

È in uscita il prossimo 26 gennaio, ma già prenotabile in rete sul sito della editrice e dei principali rivenditori, il libro Ordine multipolare. Geopolitica e cultura della crisi, edito dai tipi di Diana Edizioni.

Si tratta del secondo lavoro editoriale del G.R.E.C.E. Italia, il centro studi che sulla scia dell’omonimo movimento di pensiero francese si propone di diffondere sul piano metapolitico i valori e le idee propri della cultura delle nuove sintesi (in passato etichettata in maniera impropria, a livello giornalistico, come “nuova destra”).

Ordine multipolare. Geopolitica e cultura della crisi, nato da due recenti conferenze del GRECE Italia su «Equilibri di Potenza. Bipolarismo e multipolarismo: il nuovo scacchiere mondiale» e su «La crisi russo-ucraina. Il valzer delle grandi potenze: verità, mistificazioni e prospettive», è un tentativo di affrontare coerentemente il tema di un mutamento di prospettiva per sottrazione all’estremo Occidente. Un volume al tempo stesso sistematico ed eterogeneo – con autori tanto qualificati quanto complementari, sia appartenenti al centro studi che esterni ad esso – che si presenta come un non scontato e completo manuale sui rapporti di forza nello spazio, per orientarsi sui principi nel nostro tempo.

Sono passati quattro decenni dall’uscita del saggio di Alain de Benoist Il nemico principale, pubblicato nel 1982. In esso il pensatore francese, ispiratore del G.R.E.C.E., delineava da un punto di vista filosofico – prima che geopolitico – le coordinate degli “anni decisivi” a venire. Suscitò clamorose polemiche l’individuazione dell’Occidente quale “nemico principale” di un’Europa ancora e più che mai divisa tra due forme di occupazione: una militare ad Est, una economica e culturale ad Ovest. In anni in cui nulla autorizzava a presagire il repentino tracollo del blocco sovietico, specie negli ambienti della destra appariva come un’eresia il fatto di proclamare non solo l’“equivalenza” di liberalismo e socialismo reale, dunque di Usa e Urss, ma la più sottile perniciosità del modello americano rispetto a quello sovietico. E ancor più scandalosa era l’intuizione quasi profetica che fosse “possibile immaginarsi un’evoluzione a lungo termine dell’Unione Sovietica (secondo taluni, anzi, essa ha già preso l’avvio)”, laddove “un’evoluzione in profondità del sistema americano, sempre identico a se stesso, sin dalla nascita, sembra esclusa”.

I fatti si sono incaricati di confermare questa ed altre previsioni, smentendo, per contro, gli irenismi da “fine della storia” di tanti spensierati apologeti del nuovo ordine unipolare, non pochi dei quali balzati con agilità dal carro del marxismo a quello dell’americanismo trionfante. Il trentennio degli Usa come sceriffo planetario, al contrario, ha visto l’unica superpotenza egemone innescare conflitti con esiti invariabilmente disastrosi e incarnare un elemento costante di destabilizzazione, laddove nell’epoca di maggior splendore e consenso la propaganda presso gli alleati – europei, almeno – poteva presentare l’azione dell’America come quella di una forza benigna e pacificatrice, proprio perché distante dal Vecchio Continente e dalle sue ataviche inimicizie, sfociate in una guerra civile che si sarebbe protratta dal 1914 al 1945.

Il mondo però ha continuato a correre, più veloce dei tentativi di coglierne l’essenza. Quello che oggi sappiamo è che il XXI secolo non sarà “a New American Century”, come auspicava fin dal nome uno dei più nefasti circoli neocon di inizio anni Duemila. Nel 1989, l’anno della caduta del muro di Berlino, il 64% della ricchezza del mondo era concentrato nelle economie avanzate e solo il 36% nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Dopo trent’anni di globalizzazione accelerata la quota dell’Occidente “allargato” si è ridotta al 42%, mentre quella degli altri – Brics in testa – è salita al 58%. Il caso paradigmatico è quello della Cina, dove il Pil è salito addirittura di quattordici volte: un miracolo economico senza precedenti.

Nei vari interventi raccolti in Ordine multipolare. Geopolitica e cultura della crisi, l’obiettivo comune è comprendere se e come questa “seconda decolonizzazione” si accompagni a una de-occidentalizzazione del mondo, non solo in termini strettamente – e astrattamente – geopolitici. La contrapposizione tra sostenitori dell’unipolarismo e del multipolarismo è il fatto più importante sul piano delle relazioni internazionali negli ultimi anni, scrive de Benoist nella presentazione del volume: un fatto che ripropone anzitutto all’Europa, al di là di ogni polemica contingente, l’attualità della scelta tra l’eterna Roma e l’eterna Cartagine.

Ordine multipolare. Geopolitica e cultura della crisi

Diana Edizioni, Frattamaggiore, 26/01/2024

Ppgg. 312, Euro 20,00

ISBN: 9791281518056

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Sito internet:

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Informazioni prodotto:

«Se la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha segnato la fine del mondo bipolare, i tragici conflitti in corso e la irreversibile crisi degli equilibri geopolitici declinati dalla globalizzazione liberista segnano la fine del mondo unipolare a guida statunitense. Emerge un nuovo mondo multipolare che sancisce tra l’altro il venir meno dell’illusoria «fine della storia» in un persuasivo mercato autoregolato «fuori dalla storia».

L’ordine multipolare apre una prospettiva pluralistica in un nuovo equilibrio dinamico e complementare di «grandi spazi», di entità continentali in cui convivono Popoli e diversità culturali sulla base dell’appartenenza ad una specifica civiltà: africana, amerindia, araba, cinese, europea, indiana, russa, ecc.

Gli autori di quest’opera collettanea analizzano aspetti geopolitici, economici e culturali relativi alle diverse regioni e zone di influenza a stormo sull’intero planisfero: Russia, Stati Uniti, Cina, Africa, Medio Oriente, Europa.»

AA. VV. Si confrontano in questo volume analisti geopolitici, saggisti, filosofi, storici, politologi ed economisti di diversa formazione e provenienza: Salvo Ardizzone, Filippo Bovo, Hervé Coutau-Bégarie, Alain de Benoist, Giacomo Gabellini, Augusto Grandi, Daniele Lazzeri, Michel Marmin, Francesco Marotta, Alessandro Michelucci, Pietro Missiaggia, Didier Patte, Daniele Perra, Emanuel Pietrobon, Gabriella Slomp, Michel Thibault, Stefano Vernole, Andrea Virga, Giorgio Vitangeli, Eduardo Zarelli, Andrea Zhok.

«Viviamo un nuovo momento storico destinato a determinare nel breve termine il futuro dell’umanità. Molte persone non se ne rendono conto perché sono sottoposte al costante bombardamento di una propaganda occidentale quasi senza precedenti, ma i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Il mondo sta cambiando, che lo vogliamo o no, e non abbiamo ancora finito di vederne le conseguenze». Alain de Benoist

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