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Metapolitica

I guai del professionalismo politico e l’astensionismo

L’astensionismo veleggia con il vento in poppa nel mare liquido e proteiforme del modello dominante politico-elettoralistico. Oltre il 60% dei lombardi e dei laziali non si è recato alle urne, un evento storico che non si è mia verificato sin dalla nascita della Repubblica italiana. Per ora non sappiamo di preciso quante siano le schede bianche o nulle, un dato anch’esso da non sottovalutare. La domanda ricorrente è per quale motivo la gente non va più a votare?

In primo luogo, cosa ormai evidente, gli italiani non hanno un’ottima opinione del modello di riferimento. Qualcosa si è interrotto a causa delle grandi questioni e dei problemi che sono andati via via acuendosi dal 2007 ad oggi, data che coincide con l’inizio della crisi finanziaria. Una crisi, non dimentichiamolo, che ha sancito nettamente la fine di un sistema economico, politico e sociale, mettendo in luce tutte le storture derivanti dall’impianto teorico-dottrinario del liberalismo: l’obbiettivo dichiarato è mantenere in vita un sistema obsoleto e pieno di contraddizioni, improntato sulla finanziarizzazione dell’economia, sulla globalizzazione e sui dettami di mercato, sul trionfo del «mescolismo», sui problemi derivanti le grandi migrazioni di massa, sull’ideologia mondialista e del meticciato, sul nomadismo diffuso agevolando i deliri della «cultura woke». Dimostrando di fatto alla gente, quanto certi postulati non risolvono i loro problemi ma ne sono in realtà la causa.

La conseguenza è un forte indebolimento della rappresentatività del liberalismo politico. Assieme a questo modo di intendere la politica, è in crisi anche l’intero costrutto di disvalori che vengono imposti a scapito delle culture tradizionali, degli stili di vita e, come abbiamo scritto più volte, degli usi e dei costumi che sono le manifestazioni della vita pubblica e privata dei vari popoli. Sempre più compressi nella morsa ugualitaria, assimilazionista e della «mixofilia» che mira a sradicare le differenze esistenti, riducendo il tutto all’essere dei «cittadini del mondo» senza nessun tipo di sovranità e di potere decisionale. Molto più semplicemente, quello che in prospettiva doveva essere il salvacondotto per una vita migliore si sta rivelando un incubo accentrante ma sempre meno seduttivo.

I dati Istat, il calcolo del tasso di occupazione e del tasso di disoccupazione del 23 gennaio 2023, parlano chiaro: – 0,1% luglio 2022, +0,2% settembre 2022, +0,4% il mese di ottobre 2022, – 0,1% novembre 2022 con un rialzo del solo +0,2% a dicembre dello stesso anno. Trattasi di una situazione surreale che non è solo il risultato della lunga pandemia. Nel primo trimestre 2022 hanno chiuso ben 110 mila imprese ed entro la prima metà del nuovo anno, potrebbero chiudere i battenti oltre 120 mila attività.

A peggiorare la situazione, dobbiamo aggiungere il sistema della concorrenzialità trapiantato nei primi anni ‘90 nella Sanità, lo «spostamento verso un sistema orientato al mercato, potenzialmente inclusivo di fornitori privati, spesso definito una “americanizzazione” del NHS» che ha incentivato la concorrenzialità fra ospedali, «l’adozione di sistemi tariffari per il finanziamento dei ricoveri; non a caso, quasi dappertutto con tariffe derivate dall’esperienza americana dei Drg», etc.

La teoria economica neo-liberale applicata alla Sanità, sotto l’egida sia della domanda sia dell’offerta, dei pazienti ritenuti essere dei fruitori e consumatori di beni e servizi, quando la salute dovrebbe essere di primaria importanza e accessibile a tutti, mostra la sua inefficacia. Evidentemente, qualcuno non ha rimosso ciò che è avvenuto in tutta Italia e in Europa nei mesi più duri dell’emergenza sanitaria, le pecche di un «Sistema» del genere e soprattutto gli errori pur di garantirne un’efficacia inesistente e la continuità. A tal proposito, Il 7 gennaio 2022 Livio Garattini e Alessandro Nobili de “Il Sole 24 Ore”, hanno scritto un articolo interessante che non è stato preso in considerazione da nessuno: il loro “Concorrenza in sanità: perché mai dovrebbe funzionare?”, dovrebbe essere letto e meditato.

In merito all’astensionismo diffuso c’è da chiedersi per quale motivo un lombardo o un laziale dovrebbero andare a votare chi ha permesso tutto questo. E tra le altre cose, è meglio ricordarlo, in un contesto generale che varia da Nord, dal Centro al Sud, tre parti d’Italia che viaggiano a velocità diverse. Maurizio Belpietro, il Direttore del quotidiano La Verità, parlando d’altro rincara la dose: «Ma più degli elettori, il mea culpa lo dovrebbero recitare i politici. Infatti, se le decisioni cruciali la guerra e l’invio di armi in Ucraina vengono prese da Washington e non in Italia, se le politiche fiscali ed economiche vengono stabilite a Bruxelles e quelle che riguardano il futuro, cioè la fine del motore a combustione assieme alle spese per rendere green le case, sono stabilite dalla UE anche se a pagare siamo noi, credo che molti italiani si sentano presi in giro e si domandino che senso ha votare se poi il loro parere non ha nessun peso». Lo scandalo della corruzione che travolge il Parlamento europeo, in specifico la sinistra progressista, non è solo una presa in giro ma qualcosa di peggio.  

Senza ombra di dubbio ha perfettamente ragione e sono delle esternazioni di buon senso, le quali dovrebbero indurre a ragionare sulle cose che riguardano concretamente tutti, evitando di firmare la solita delega in bianco a questo tipo di “politica”. Un insieme capace solo di dare delle risposte generiche senza pensare a nessuna soluzione che sia risolutiva dei problemi degli italiani. Ma le colpe non sono da attribuire all’anti-politica, un termine che di suo non significa nulla se non il voler nascondere sotto il tappeto le proprie colpe, dimostrando tra le altre cose di non conoscere nemmeno delle fenomenologie politiche, vedasi il “populismo”, presenti sulla scena da decenni e decenni.

D’altronde, cose c’è di più anti-politico di questa politica dove a votare vanno soltanto gli attivisti dei partiti, i simpatizzanti, le loro clientele dirette o quelli che si aspettano che cadano dal tavolo delle briciole da raccogliere? Nulla. Figuriamoci poi, il voler adoperarsi solo in direzione delle minoranze riconosciute come tali o meno, per provare ad accaparrarsi un pugno di voti, quando a non essere andata al voto è la maggioranza degli italiani. Guai e misteri della spoliticizzazione, finché Mammona d’Oltreoceano non cambia idea e ristabilisce l’immancabile gioco dell’alternanza e della contrapposizione destra-sinistra o viceversa, il cavallo di battaglia dell’alveo politico liberal-progressista. Altro non è, la cosa è sempre più chiara…

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